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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-05

celebrazione a 50 anni dalla morte e molti riferimenti alla situazione attuale

Napolitano e l'eredità di De Nicola: "Non smarrire il senso dell'interesse del Paese"

Il ricordo del primo Capo dello Stato della Repubblica.

Fini: un esempio, serve una rinnovata coesione nazionale

Senatori a vita, ipotesi De Rita con Veronesi e Armani

Il centrodestra sostiene lo stilista, l’oncologo è gradito al Pd. Il fronte cattolico per il sociologo

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Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

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AVVENIRE

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2010-01-05

5 Gennaio 2009

L'APPELLO

Napolitano e Fini: "Serve

nuova coesione nazionale"

Un appello alla coesione nazionale del presidente della Repubblica e del presidente della Camera, che si ispirano alla figura di Enrico De Nicola e chiedono di non smarrire, nelle polemiche politiche, "il senso dell'interesse generale". "La libera dialettica di posizioni e di ruoli tra maggioranza e opposizione - afferma il presidente della Repubblica - non esclude che si riproponga in momenti di serie prove per il Paese, l'esigenza di non smarrire il senso del comune interesse nazionale".

Il Capo dello Stato è intervenuto alla commemorazione di Enrico De Nicola a 50 anni dalla sua scomparsa. Il capo dello Stato parla dell'esempio tramandato da colui che fu il primo presidente della Repubblica italiana. Il primo insegnamento di De Nicola, sottolinea Napolitano, è "il supremo tenace attaccamento alla necessità di un clima di unità nazionale". Una lezione dalla quale "abbiamo ancora molto da imparare".

E poi la seconda lezione ricevuta da De Nicola: "Io stesso cerco sempre di imparare da quel che gli fu contestato come incorreggibile "formalismo" e che in realtà era correttezza e rigore nell'esercizio, da parte di ogni soggetto istituzionale, del proprio ruolo e dei propri poteri, rispettandone sempre i limiti invalicabili". E' qualcosa, insiste Napolitano che "provocava insofferenza in altri soggetti istituzionali: ma egli ci ha lasciato una lezione di serena fermezza e di ciò gli siamo egualmente grati".

Fini. PArole condivise anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini che ha sottolineato, nel suo intervento, il carattere unificatore e pacificatore di Enrico De Nicola. "L'esperienza di De Nicola costituisce un prezioso insegnamento sulla via di una riaffermata appartenenza di tutti gli italiani alla stessa comunità nazionale", ha detto Fini che ha aggiunto: "L'affermazione di quella che è stata

chiamata la democrazia dell'alternanza e la fine delle contrapposizioni ideologiche ripropongono l'esigenza di valori unificanti e condivisi, essendo comunemente accettata l'idea che in un sistema di democrazia bipolare ciò che unisce è altrettanto importante di ciò che divide".

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-01-05

celebrazione a 50 anni dalla morte e molti riferimenti alla situazione attuale

Napolitano e l'eredità di De Nicola: "Non smarrire il senso dell'interesse del Paese"

Il ricordo del primo Capo dello Stato della Repubblica. Fini: un esempio, serve una rinnovata coesione nazionale

Napolitano all'arrivo a Napoli (Ansa)

Napolitano all'arrivo a Napoli (Ansa)

NAPOLI - Il ricordo di Enrico De Nicola, a cinquant'anni dalla sua scomparsa, è l'occasione per un richiamo a "non smarrire il senso comune dell'interesse generale". Nelle parole del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, c'è più di un riferimento alla "lezione" di De Nicola. Non soltanto per il ruolo di "garante" nel passaggio dalla monarchia alla Repubblica. Ma anche, e qui s'intuisce un riferimento anche personale, nel modo di interpretare con rigore il proprio ruolo super partes. Anche a costo di scontentare qualcuno. "Senza l’apporto risolutivo di Enrico De Nicola è difficile immaginare quale avrebbe potuto essere la sorte del Paese sconfitto e diviso".

"IO CERCO DI IMPARARE" - Il primo presidente della repubblicana, ricorda Napolitano, è stato infatti il "garante di una inedita e ardua fase dell’evoluzione istituzionale e della rinascita nazionale del nostro Paese" assicurando "una transizione condivisa e superando momenti di tensione che non mancarono anche con l’esecutivo". Un riferimento all'attualità è inevitabile quando Napolitano spiega che "la libera dialettica di posizioni e di ruoli tra maggioranza e opposizioni non esclude che si riproponga, in momenti di serie prove per il Paese, l'esigenza di non smarrire il senso del comune interesse nazionale". Napolitano aggiunge anche un riferimento personale diretto: "Molto io cerco di imparare da quel che fu contestato a De Nicola come incorreggibile formalismo e che in realtà era correttezza e rigore nell'esercizio, da parte di ogni soggetto istituzionale, del proprio ruolo e dei propri poteri, rispettandone sempre i limiti invalicabili. È qualcosa che anche negli anni di De Nicola Capo dello Stato, provocava insofferenza in altri soggetti istituzionali. Ma egli ci ha lasciato anche una lezione di serena fermezza e di ciò gli siamo egualmente grati".

Gianfranco Fini (Ansa)

Gianfranco Fini (Ansa)

FINI: VALORI CONDIVISI - Il ruolo "super partes" e il riferimento agli "interessi superiori del Paese" è anche per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, il lascito principale di De Nicola. "L'esperienza di Enrico De Nicola - ha detto Fini - con la sua costante attenzione agli interessi superiori del Paese può e deve essere indicata come prezioso insegnamento sulla via di un rinnovato senso della coesione nazionale". Fini ha poi ricordato De Nicola "come uno dei personaggi-simbolo della pacificazione nazionale e come un uomo che seppe anteporre il superiore interesse dell'Italia alle pur legittime e necessarie idealità di parte". "La sua lealtà alla monarchia - ha aggiunto - non gli impedì infatti di accogliere il voto dell'Assemblea Costituente che lo designò Capo provvisorio dello Stato, permettendo così al Paese di costruire senza lacerazioni destabilizzanti il suo futuro democratico e costituzionale. L'affermazione di quella che è stata chiamata la democrazia dell'alternanza e la fine delle contrapposizioni ideologiche ripropongono l'esigenza di valori unificanti e condivisi, essendo comunemente accettata l'idea che in un sistema di democrazia bipolare ciò che unisce è altrettanto importante di ciò che divide".

05 gennaio 2010

 

 

 

Senatori a vita, ipotesi De Rita

con Veronesi e Armani

Il centrodestra sostiene lo stilista, l’oncologo è gradito al Pd. Il fronte cattolico per il sociologo

Il sociologo Giuseppe De Rita

Il sociologo Giuseppe De Rita

ROMA- Al Quirinale smentiscono che sia una priorità del 2010, ma i nomi circolano, le candidature si fanno più pressanti, le lobby sono al lavoro: al Senato c’è almeno un posto di senatore a vita che potrebbe essere assegnato ad un personaggio che abbia "illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario" (articolo 59 comma 2 della Costituzione). Ma potrebbero anche essere due o di più, a seconda di come verrà interpretata la norma. Certo è che da quando l’attuale presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato eletto e ha lasciato il suo posto, i senatori a vita di nomina presidenziale sono rimasti in 4.

Silvio Berlusconi per mezzo di uno dei suoi più fidati amici e consiglieri, il senatore Guido Possa, sta sponsorizzando — insieme all’imprenditore della moda e deputato, Santo Versace — Giorgio Armani (75 anni), che dopo la morte di Mike Bongiorno (altro candidato a lungo in pectore del Cavaliere), potrebbe avere quei requisiti che la Costituzione richiede, ereditati dallo Statuto Albertino. Ma lo stilista di fama ormai mondiale non è l’unico "candidato ": a sinistra si lavora per l’oncologo Umberto Veronesi (al momento senatore pd), mentre il sociologo Giuseppe De Rita non sarebbe sgradito ad un ampio mondo moderato e cattolico, Vaticano compreso. E questi sono soltanto i più accreditati di un lungo elenco che va da Carla Fracci a Marco Pannella ("O sono eletto o il Paese si scelga un atro senatore a vita o a morte che sia", ha già avuto modo più volte di dichiarare il leader radicale), da Margherita Hack a don Verzé, da Dario Fo a Umberto Eco.

Se si aggiunge che il settennato di Giorgio Napolitano varca il giro di boa della metà del mandato e gli ultimi presidenti della Repubblica hanno nominato (Scalfaro escluso) più di un senatore a vita prima della fine del loro incarico, una decisione potrebbe farsi più vicina. Napolitano dopo le polemiche sui giudici di nomina quirinalizia della Corte Costituzionale, dopo la bufera che nella scorsa legislatura ha investito i senatori a vita, spesso fondamentali per puntellare il governo Prodi, non ha certo intenzione di farne un altro caso e dunque si muove con molta cautela. Non come fecero i suoi predecessori Pertini e Cossiga, che interpretarono in modo estensivo la norma costituzionale arrivando a nominare a testa cinque senatori a vita, oltre quelli già presenti in Parlamento (di diritto lo sono gli ex presidenti della Repubblica), tanto che nel 1992, alla fine del mandato cossighiano i senatori a vita erano 11 (due ex presidenti e nove di nomina quirinalizia), un gruppo non indifferente e capace, si è visto nella scorsa legislatura, di condizionare la politica.

Se ai tempi di Pertini la nomina di Leo Valiani, Eduardo De Filippo, Camilla Ravera e poi di Carlo Bo e di Norberto Bobbio non creò problemi (fece allora più scalpore mediatico l’indiscrezione che Pertini avesse chiesto un parere costituzionale sulla possibilità di indicare il cardinale Salvatore Pappalardo, nel 1984, all’indomani della firma del Nuovo concordato tra Craxi e Casaroli), le nomine cossighiane si portarono dietro scontri e polemiche soprattutto con il Pci, per l’eccessivo numero di senatori indicati. Cossiga scelse Andreotti, Agnelli, De Martino, Taviani e Spadolini, nomine molto politiche.

Ma ricevette anche un paio di no grazie. Oltre a quello di Nilde Iotti, fece un certo rumore quello di Indro Montanelli che lo motivò così: "Avrei dovuto smettere di fare il giornalista, non per disposizione di legge che consente il cumulo delle due attività ma perché nella mia coscienza esse sono assolutamente incompatibili ". Non fu il primo a fare il gran rifiuto: all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, era il 1949, Benedetto Croce disse di no a Einaudi, come anche Arturo Toscanini che rinunciò all’indomani della scelta, il 6 dicembre dello stesso anno.

Nel tempo, c’è stata anche una proposta di abolire i senatori a vita (era una delle proposte della Bicamerale), ma come di altre riforme, non se ne è fatto nulla. Ora sono in quattro (più tre ex presidenti): oltre ad Andreotti, Sergio Pininfarina, Rita Levi Montalcini e Emilio Colombo. C’era nel gruppo — scelto da Carlo Azeglio Ciampi—anche Giorgio Napolitano, prima dell’elezione al Quirinale. Ora, anche a voler interpretare la norma in modo restrittivo, cioè che al massimo possono essere cinque, un posto è vuoto, e Napolitano può solo appellarsi per attendere a quel può dell’articolo 59 che non lo costringe a scegliere. E così come nei tempi sono continuati a circolare nomi vari, ambizioni anche eccessive, candidature nate da mobilitazioni, raccolte di firme, ora persino anche gruppi Focatico come si conviene un po’ per tutto, ricomincerà anche quest’anno il toto senatore.

Gianna Fregonara

05 gennaio 2010

REPUBBLICA

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2010-01-05

Il presidente della Repubblica e quello della Camera

hanno ricordato a Napoli la figura di Enrico DE Nicola

L'appello di Napolitano e Fini

"Coesione per gli interessi del Paese"

L'appello di Napolitano e Fini "Coesione per gli interessi del Paese"

Giorgio Napolitano

NAPOLI - Un appello alla coesione nazionale del presidente della Repubblica e del presidente della Camera, che si ispirano alla figura di Enrico De Nicola e chiedono di non smarrire, nelle polemiche politiche, "il senso dell'interesse generale".

"La libera dialettica di posizioni e di ruoli tra maggioranza e opposizione - afferma il presidente della Repubblica - non esclude che si riproponga in momenti di serie prove per il Paese, l'esigenza di non smarrire il senso del comune interesse nazionale".

Il Capo dello Stato è intervenuto a Napoli alla commemorazione di Enrico De Nicola a 50 anni dalla sua scomparsa. Il capo dello Stato parla del primo presidente della Repubblica italiana. Il primo insegnamento di De Nicola, sottolinea Napolitano, è "il supremo tenace attaccamento alla necessità di un clima di unità nazionale". Una lezione dalla quale "abbiamo ancora molto da imparare".

E poi la seconda lezione di De Nicola: "Io stesso cerco sempre di imparare da quel che gli fu contestato come incorreggibile 'formalismo' e che in realtà era correttezza e rigore nell'esercizio, da parte di ogni soggetto istituzionale, del proprio ruolo e dei propri poteri, rispettandone sempre i limiti invalicabili". E' qualcosa, insiste Napolitano che "provocava insofferenza in altri soggetti istituzionali: ma egli ci ha lasciato una lezione di serena fermezza e di ciò gli siamo egualmente grati".

Il presidente della Camera Fini ha ricordato De Nicola "e la sua costante attenzione agli interessi superiori del Paese, un prezioso insegnamento sulla via di un rinnovato senso della coesione nazionale, sulla riaffermata appartenenza di tutti gli italiani alla stessa comunità nazionale".

"Non c'è dubbio - continua Fini - che senza passione è difficile affermare la partecipazione dei cittadini, che si nutre anche delle legittime idealità di parte". "Ma oggi, l'affermazione di quella che è la cosiddetta democrazia dell'alternanza in Italia e la fine delle contrapposizioni ideologiche - continua - ripropongono l'esigenza di valori unificanti e condivisi essendo comunque accettata l'idea che in un sistema bipolare ciò che unisce è altrettanto importante di ciò che divide".

Il presidente della Camera ha sottolineato che lo statista napoletano si formò in un Italia liberale e giolittiana "assai distante da quella odierna". "Ma - avverte Fini - i valori e gli ideali di quell'Italia lontana devono poter essere riscoperti per vincere le nostre sfide di Nazione democratica".

(5 gennaio 2010) Tutti gli articoli di politica

 

 

L'UNITA'

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2010-01-05

L'appello di Fini e Napolitano: "Serve coesione nel Paese"

Il presidente della Repubblica e quello della Camera lanciano un invito a superare i conflitti pensando a una coesione del Paese. Giorgio Napolitano ricorda la lezione di Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale, a 50 anni dalla morte, e dice che c'è molto da imparare dal suo esempio nell'Italia di oggi, in particolare la necessità di "non smarrire il senso comune dell'interesse generale". De Nicola, aggiunge, fu decisivo garante delle sorti del paese nel passaggio monarchia-repubblica.

Napolitano ha detto che cerca sempre di imparare "da quel che fu contestato a De Nicola come incorreggibile "formalismo" e che in realtà era correttezza e rigore nell'esercizio, da parte di ogni soggetto istituzionale, del proprio ruolo e dei propri poteri, rispettandone sempre i limiti invalicabili. È qualcosa - ha detto - che anche negli anni di De Nicola Capo dello Stato, provocava insofferenza in altri soggetti istituzionali. Ma egli ci ha lasciato anche una lezione di serena fermezza e di ciò gli siamo egualmente grati". Sul "debito di riconoscenza" che l'Italia repubblicana e chi è stato suo successore alla Presidenza della Repubblica deve riconoscere, Giorgio Napolitano ha insistito in vari passaggi del suo discorso.

"De Nicola fu dunque in sostanza l'uomo - ha detto Napolitano nel discorso a Castelcapuano, antica sede del Tribunale - che presiedette a una duplice ardua transizione: quella dalla Monarchia alla Repubblica e quella dalla nascita della Repubblica alla sua costituzionalizzazione guadagnandosi così un posto, nella storia dell'Italia, moderna che resta ancora da valorizzare pienamente. E fu colui che gettò le prime basi dell'esercizio della funzione presidenziale che avrebbe poi trovato un compiuto assestamento nel settennato di Luigi Einaudi. Posso ben dire che ancora oggi ci si muove lungo la rotta aperta dal mio primo predecessore". "Ma voglio soprattutto dire qualche parola - ha concluso - sull'esempio che nello svolgimento del mio mandato di presidente ho tratto e più che mai traggo dal magistero di Enrico De Nicola. In primo luogo, il supremo, tenace attaccamento alla necessità di un clima di unità nazionale. Se egli nel messaggio del 15 luglio 1946, parlò di 'difficoltà giganteschè da superare, dell' 'opera immensa di ricostruzione politica e socialè da portare avanti sostenendo che di fronte a ciò la sola forza di cui disponesse l'Italia fosse 'la nostra indefettibile unionè, oggi in condizioni per nostra buona sorte così profondamente mutate abbiamo ancora molto da imparare e da trarre da quella lezione. Una lunga strada è stata percorsa nello svolgimento, pur tra forti difficoltà ed evidenti anomalie, della nostra esperienza democratica, culminata nel passaggio a una democrazia dell'alternanza. Ma la libera dialettica di posizioni e di ruoli tra maggioranza e opposizione non esclude che si riproponga, in momenti di serie prove per il Paese, l'esigenza di non smarrire il senso del comune interesse nazionale".

Anche Gianfranco Fini ha sottolineato il carattere unificatore e pacificatore di De Nicola,nel suo intervento alla cerimonia. "L'esperienza di De Nicola costituisce un prezioso insegnamento sulla via di una riaffermata appartenenza di tutti gli italiani alla stessa comunità nazionale", ha detto Fini che ha aggiunto: "L'affermazione di quella che è stata chiamata la democrazia dell'alternanza e la fine delle contrapposizioni ideologiche ripropongono l'esigenza di valori unificanti e condivisi, essendo comunemente accettata l'idea che in un sistema di democrazia bipolare ciò che unisce è altrettanto importante di ciò che divide".

L'Italia deve riscoprire un "rinnovato senso della coesione nazionale" valori condivisi e nell'ottica "degli interessi superiori del Paese", ha detto il presidente della Camera. "L'esperienza di Enrico De Nicola con - ha spiegato Fini - con la sua costante attenzione agli interessi superiori del Paese, deve e può essere indicata come prezioso insegnamento sulla via di un rinnovato senso della coesione nazionale e sulla via di una riaffermata appartenenza degli italiani alla stessa comunità nazionale".

05 gennaio 2010

 

il SOLE 24 ORE

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2010-01-05

Napolitano e Fini: serve coesione nell'interesse del Paese

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5 ottobre 2010

"Dai nostri archivi"

Apprezzamenti bipartisan al discorso del Capo dello Stato

Il Colle, Fini e gli ostacoli alla grande riforma "gollista"

Napolitano: "C'è bisogno di più coesione sociale e nazionale"

La bella Italia del Presidente vademecum ideale del 2010

I giudici della Consulta: "Obama non si sarebbe permesso"

 

Per quanto sia dura la lotta politica maggioranza e opposizione non possono mai "smarrire il senso del comune interesse nazionale". L'Italia ieri come oggi, ha bisogno di "un clima di unità nazionale" pur nella "dialettica di posizioni e di ruoli". È questa la lezione che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano desume dall'esperienza di presidente della Camera e poi di capo dello Stato di Enrico De Nicola. Un magistero che deve essere ancora "valorizzato pienamente" e che, soprattutto, sia nei contenuti che nello stile, vale per l'oggi.

Napolitano è intervenuto a Castel Capuano a Napoli alla cerimonia in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa di Enrico De Nicola, l'uomo delle "due, ardue transizioni: quella dalla monarchia alla repubblica e quella dalla nascita della repubblica alla sua costituzionalizzazione". Allora come oggi non erano tempi facili e le fibrillazioni e gli scontri politici erano all'ordine del giorno. Proprio per questo, riflette Napolitano, dall'esempio di De Nicola "ho tratto e più che mai traggo esempio nello svolgimento del mio mandato".

Il discorso che il capo dello Stato ha svolto a Napoli, davanti al presidente della Camera Gianfranco Fini e al presidente della Corte Costituzionale Francesco Almirante, è stato l'occasione per puntualizzare un tema che sta molto a cuore all'inquilino del Quirinale, insieme a quello dell'unità nazionale: l'equilibrio e il rispetto tra diversi poteri dello Stato. Ogni soggetto istituzionale, ha ribadito il presidente, deve esercitare il proprio ruolo e i propri poteri "rispettandone sempre i limiti invalicabili".

Aggettivo, quest'ultimo, che rappresenta la sostanza della questione e non un semplice formalismo. Anche a De Nicola, ha osservato Napolitano, "fu contestato come incorreggibile formalismo" ciò che in realtà "era correttezza e rigore nell'esercizio da parte di ogni soggetto istituzionale del proprio ruolo e dei propri poteri". Sembra guardare indietro alle vicende degli ultimi mesi Napolitano e al durissimo scontro tra il premier Silvio Berlusconi e la Consulta, dopo la sentenza di rigetto del lodo Alfano, quando osserva che anche negli anni del mandato presidenziale di De Nicola questo rigoroso richiamo al rispetto dei limiti di ciascun potere "provocava insofferenza in altri soggetti istituzionali". Ma, ha aggiunto il presidente, "egli ci ha lasciato anche una lezione di serena fermezza" ed è questa la linea che il Colle intende mantenere su questo problema.

Anche Fini nel suo discorso è tornato sulla necessità di una nuova coesione nazionale e di valori condivisi nell'interesse "superiore del paese". L'affermazione della democrazia dell'alternanza e la fine delle contrapposizioni ideologiche "ripropongono l'esigenza di valori unificanti e condivisi essendo comunemente accettata l'idea che in un sistema bipolare ciò che unisce è altrettanto importante di ciò che divide". Proprio in questo senso, ha concluso il presidente della Camera, l'esperienza di Enrico De Nicola "con la sua costante attenzione agli interessi superiori del paese può e deve essere indicata come prezioso insegnamento sulla via di un rinnovato senso della coesione nazionale".

5 ottobre 2010

 

 

L'OSSERVATORE ROMANO

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2010-01-04

IL MATTINO

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La GAZZETTA dello SPORT

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LA STAMPA

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SORRISI e CANZONI

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WIKIPEDIA

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GENTE VIAGGI

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AUTO OGGI

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INTERNAZIONALE

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PUNTO INFORMATICO

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IL SECOLO XIX

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LA NAZIONE

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IL MANIFESTO

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